sabato 28 marzo 2009

PLACENTA PREVIA

PLACENTA PREVIA voce che deriva dal latino e che definisce la placenta la cui zona di inserzione, più o meno estesa, sia avvenuta nella porzione estensibile del segmento inferiore dell'utero. Si può altrimenti dire che una placenta è previa quando sostituisce, più o meno largamente, il polo inferiore delle membrane. Si definiscono 5 varietà di placenta previa, in rapporto con il limite raggiunto dal contorno placentàre nei confronti dell'orificio uterino interno-. laterale, per cui il margine placentare è raggiungibile (dal dito esploratore) ma non arriva ad interessare l'orificio uterino interno; marginale parziale, in cui il margine placentare interessa la regione dell'orificio uterino, lasciando però libera una zona più o meno estesa delle membrane (che possono essere raggiunte dal dito esploratore); marginale estesa, per cui la placenta occlude completamente la bocca uterina e non consente di raggiungere in nessun punto le membrane; centrale totale, in cui il centro di figura della placenta si sovrappone alla bocca uterina; centrale parziale, varietà identica alla marginale estesa. C'è chi sostiene che la placenta previa si formi per insufficienza, o mancanza, dell'azione bloccante da parte delle pliche mucose dell'endometrio (a causa di una deficiente proliferazione pregravidica della mucosa, o per dissociazione tra ciclo ovarico e ciclo endometriale), e c'è invece chi pensa che la placenta si estenda verso il segmento inferiore per deficienza delle connessioni nutritizie, forse a causa di una minore sanguinificazione della zona placentare per ipoplasia dell'apparato vascolare. Per quanto concerne la genesi delle varietà (laterale, marginale, ecc.) si deve tener conto dello svasamento più o meno ampio dell'orifizio uterino interno, che determina il maggiore o minore interessamento dell'orifizio stesso da parte dei villi coriali ovulari. La frequenza dell'anomalia è calcolata dell'1,2-1,6 per cento sul totale dei parti, ed è maggiore nelle pluripare rispetto alle primipare, con un rapporto di 1 a 3 circa. Altri fattori chiamati in causa, patogeneticamente, sarebbero i fatti flogistici dell'endometrio (endometriti), i fibromi e le gravidanze multiple. La sintomatologia della placenta previa è costituita essenzialmente dall'emorragia, causata dal fatto che la placenta non è né estensibile né riducibile (mancando di elementi elastici e contrattili), per cui, non potendo seguire la distensione del segmento inferiore dell'utero, se ne distacca, causando la rottura dei vasi in grembo alla decidua. Per quanto concerne l'epoca di comparsa dell'emorragia diremo che nella placenta previa laterale questa insorge solo in travaglio se si tratta di pluripare, più precocemente nella primipara per la precocità dell'impegno della parte presentata. Nella placenta previa marginale l'emorragia insorge prima dell'inizio del travaglio, talora prima del termine di gravidanza; ancora più precocemente l'emorragia nella placenta previa centrale (anche qui la sintomatologia è più precoce nella primipara). La gravità della complicazione è maggiore quanto più estesa è la zona di placenta che interessa il segmento inferiore. La diagnosi è difficile in corso di gravidanza (dove è di probabilità). Più agevole in travaglio di parto (di certezza). Bisogna tener presente le emorragie ripetute, il segmento inferiore ispessito (si palpa difficilmente la parte presentata). A collo uterino permeabile al dito esploratore si può palpare il tessuto placentare, che dà una speciale sensazione di crepitio e sanguina facilmente ed abbondantemente. La diagnosi differenziale va posta con la emorragia da distacco di placenta normalmente inserta. La prognosi varia a seconda della varietà di inserzione, del momento in cui insorge l'emorragia (in gravidanza od in travaglio), della gravità dell'emorragia e del momento in cui lo specialista può intervenire, a seconda delle condizioni generali della donna (preesistenti fatti anemici, ad esempio) e di eventuali concomitanti complicazioni. Prevede una mortalità fetale del 10-20 per cento nei casi espletati per via cesarea addominale, del 40-80 per cento in quelli per via vaginale; la mortalità materna è rispettivamente dell'l-5 per cento e 1-10 per cento. La terapia tende oggi ad essere squisitamente chirurgica (taglio cesareo addominale), anche in considerazione dei sopracitati valori percentuali statistici, che prevedono i peggiori risultati con la soluzione per via vaginale (assistenza al parto classica). Ma d'altra parte non sempre si è in condizioni di praticare un tempestivo taglio cesareo in ambiente idoneo. Ecco che allora possono tornare in auge i vecchi precetti terapeutici classici: immobilità assoluta, proscritta ogni esplorazione per via vaginale, posizione supina con arti inferiori sollevati ed accavallati, coagulanti (di scarsa utilità), pnorfina (per bloccare le contrazioni uterine), evenale tamponamento stipatissimo dei fornici in arsa della possibile ospedalizzazione.

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