domenica 29 marzo 2009

POLLINOSI

POLLINOSI, allergia ai pollini, detta anche comunemente febbre da fieno, con denominazione però impropria poiché la febbre non esiste quasi mai, e perché si può essere allergici ai polli- ní di qualsiasi pianta. Si hanno crisi di congestione nasale, accompagnate da starnuti e da abbondante emissione di una secrezione pressoché acquosa. Spesso anche gli occhi sono lacrimosi. Molte volte vi è anche tosse, oppure accessi d'asma, essendo interessati pure i bronchi. Caratteristica è la ricorrenza stagionale, corrispondente cioè all'epoca della fioritura. Sono colpiti di preferenza i soggetti in giovane età. In modo particolare sono da incolpare le graminacee (segala, granoturco), piante a fiori odorosi come la rosa ed il giglio, piante ad alto fusto come il tiglio, il salice, il platano, urticacee come la parietaria. Non tutti i pollini, però, producono allergia: per esempio il polline dei pini, che pure è abbondante e rimane a lungo nell'aria, dà solo eccezionalmente la pollinosi. L'epoca della fioritura è variabile, può andare da febbraio a luglio o agosto nell'Italia settentrionale (la parietaria ha un periodo di fioritura molto lungo, da marzo a ottobre), ma nelle regioni meridionali può cominciare fino da gennaio. Merita anche particolare attenzione, come produttrice di pollini allergizzanti, la vegetazione che si sviluppa sui terreni abbandonati, sulle macerie, sui vecchi muri e sui tetti, e che costituisce la cosiddetta flora ruderale. La contaminazione dell'aria in pollini non rimane localizzata nella zona di produzione: le correnti aeree possono diffonderla anche a grande distanza. Ad ogni modo le maggiori probabilità di manifestazioni allergiche si hanno nelle zone dove sono abbondanti le piante capaci di immettere nell'atmosfera grandi quantità di pollini, poiché la contaminazione diminuisce progressivamente quanto più ci si allontana dal luogo di produzione. Comunque nessuna zona è risparmiata; gli abitanti della città sono esposti quanto quelli della campagna, anzi forse di più, perché i loro bronchi sono irritati in maniera permanente dai vapori e dai fumi delle industrie, degli impianti di riscaldamento e dei motori a scoppio. Le crisi sono esacerbate dal freddo e attenuate invece dalla pioggia e dall'assenza di vento, che diminuiscono la densità dei pollini nell'atmosfera. Naturalmente la pollinosi colpisce soltanto le persone che hanno una particolare sensibilità (l'allergia, appunto) ai pollini. Alcune sono sensibili a molte specie di pollini, altre a poche, raramente a una o due soltanto. La sensibilità è sovente tale che la quantità di polline sufficiente per produrre le manifestazioni morbose può essere piccolissima. Si è calcolato che l'ingresso nelle cavità nasali di una quarantina di granelli di polline, e anche meno, basta talora a suscitare disturbi, ma in pratica il polline realmente aspirato è di gran lunga più abbondante. La terapia della pollinosi può essere aspecifica, nel senso cioè di ridurre in maniera generica la sensibilità ai pollini mediante i farmaci antistaminici, eventualmente associati con prednisone (un derivato del cortisone). Ma è sempre preferibile la terapia specifica, la quale deve essere preceduta dall'identificazione dei pollini verso i quali si è sensibili. Si ricorre a tale scopo a soluzioni di estratti dei pollini, che vengono applicate in piccola quantità diluita sulla cute del braccio, o iniettate nella cute: in corrispondenza di quelle verso le quali esiste ipersensibilità compaiono in pochi minuti arrossamento e gonfiore, simili ai pomfi dell'orticaria. Si passa allora alla desensibilizzazione mediante iniezioni sottocute di piccole dosi dei pollini identificati, che vengono poi aumentate progressivamente, in modo da vaccinare l'organismo.

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